Internet arriva alla fine del secolo scorso. Lo smartphone dev’essere ancora inventato e i social pure, ma la rete allarga le prospettive, mostra il mondo, fa vedere cose al di là del nostro orticello. In villaggio il cambiamento è segnato dalla ristorazione e dall’animazione. Il mitico “tavolo da otto” va in pensione, il menù unico e il buffet più di forma che di sostanza non basta più, le palline per pagare le consumazioni al bar sono scomode. I ristoranti si moltiplicano, arrivano quelli a la carte, i “pasta & pizza”, i primi timidi tentativi di vegetariano e di menù dedicati. E sbarca anche da noi l’all inclusive, bevande e snack inclusi, addio boules. Il gioco caffè e lo show serale a teatro, pezzi forti di Fiorello & C., devono fare i conti con le mode imposte dalla TV (Mediaset è ormai concorrente della RAI, sull’intrattenimento). L’animazione di contatto perde... il contatto, perché l’ospite è più stanco, più stressato, in vacanza vuole solo rilassarsi e distrarsi. La vita di villaggio diventa più sobria, più tranquilla, più “oasi di benessere” (infatti arrivano le spa). Insieme alle famiglie, ancora numerose, appaiono i primi single, spesso padri e madri con figlio al seguito. È proprio a loro che si rivolge lo spot Valtur del 1994, che si conclude con una motivazione sempre più incidente sulla scelta: “Io odio la vita caotica... per questo amo Valtur”. Il passaggio dal “noi” all’ “io” sarà uno dei
fil rouge della Valtur del XXI secolo, segnando l’evoluzione di un prodotto che farà propria la tendenza all’affermazione dell’individualità, all’internazionalità e alla libertà di scelta. Per citare la campagna di rilancio del marchio, nel 2019: Finalmente tu.