Nel tempo sospeso della vacanza

Linguetta: Andrea M. Alesci

Scrittore ed esperto di narrazioni per infanzia e adolescenza. Lavora con scuole, biblioteche e librerie su progetti di educazione alla lettura. Ha pubblicato la raccolta di filastrocche Il giro d’Italia in 80 isole (Einaudi Ragazzi, 2019, illustrazioni di Elena Maricone) e L’arcipelago delle isoleombra (Sabìr, 2024, illustrazioni di Marianna Balducci). È autore su Substack della newsletter settimanale Linguetta, dove ragiona di lingua e di tutte le storie che le stanno intorno.

<< Ecco, la vacanza è come un buco. E in un buco ti ci infili per vedere che cosa c’è, per evadere dal disegno di doveri, abitudini, compiti, e per scoprire cose nuove. >>

Quando andavo al liceo l’ora buca era una specie di divinità universale, ma la cosa che mi incuriosiva di più erano la sua forma linguistica e la costellazione di domande che generava: chi l’ha bucata? Con che cosa? E se si bucava, il buco dov’è che portava? Ma il tempo si può bucare, anche se è immateriale? Così, il buco temporale formato dall’assenza di chi doveva farci lezione, diventava per noi studenti una specie di vacanza.
 
Ecco, la vacanza è come un buco.
 
E in un buco ti ci infili per vedere che cosa c’è, per evadere dal disegno di doveri, abitudini, compiti, e per scoprire cose nuove. In un albo illustrato scritto da Ruth Krauss e illustrato da Maurice Sendak, c’è un verso che poi è diventato anche il titolo del libro: Un buco è per scavare; e il sottotitolo è Un libro di definizioni, perché le sue brevi frasi condensano azioni di bambine e bambini proprio come farebbe una definizione: rendendo evidente la magia delle cose.
Così “un buco è anche per starci seduto” o “magari in un buco puoi nasconderci qualcosa” o ancora “un buco è per piantarci un fiore”, “un buco è per sbirciare”, “un buco è che se ci vai dentro cadi giù”. E quando caschi dentro un buco puoi essere un bianconiglio che va nella sua tana, oppure una Alice che finisce nel paese delle meraviglie.
 
Allora la vacanza è come un tunnel.
 
Ti ci addentri e sembra che il senso del tempo scompaia, che non ci siano più giorni, ore minuti a misurarlo ma soltanto quello che trovi dall’altra parte, la dimensione ignota dove conta il momento.
La vacanza è un participio presente, perché se spiamo attraverso la parola ‘vacanza’ scopriamo che è fatta del latino vacantia, che è il neutro plurale sostantivato di vacans, che è participio presente del verbo vacare, che sta per ‘essere vuoto’, ‘essere libero’. La vacanza è un posto non occupato, liberato dalle preoccupazioni, è uno stato che esiste e perdura. Come l’onda che va e viene, ininterrottamente.
E a noi che guardiamo l’onda, succede quel che accade alla bambina del silent book di Suzy Lee L’onda, quando se ne sta nella pagina di sinistra, in riva al mare ma al riparo dall’onda, che sbatte sulla linea di separazione fra le due pagine, finché non infrange il limite, dilaga e crea l’incanto di spruzzi.
 
Allora la vacanza è incontrare le onde, che non smettono mai di risuonare, perché c’è il mare nascosto in ogni vacanza, pure se le vacanze trascorrono tra le montagne, sulle sponde d’un lago, nella larga campagna o all’ombra di una stanza di città. La vacanza è liquidità mentale che ci fa stare a occhi aperti, con il mare dentro; è come alla fine dei I 400 colpi, quando Antoine Doinel vede il mare per la prima volta. Ogni vacanza ha il suono delle prime volte, quelle lì che ti si illumina il sorriso a viverle, e che poi, non te le dimentichi più. La vacanza è un posto dove possiamo sentire di più, come al mare, nudə a noi stessə e al mondo che ci circonda: non ci serve altro mentre ascoltiamo il mare, che diventa come l’abbraccio che si danno Andy e Red nel finale di Le Ali della libertà, rendendo viva la speranza, che è una cosa buona, “e le cose buone non muoiono mai”.
 
Allora ha il sapore della libertà, la vacanza. 
Ti rigenera, ti ricarica, nel tentativo di essere in sintonia con te stessə. Ed è un po’ come diceva Italo Calvino nelle Città invisibili: “Cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”. La vacanza è uno spazio da custodire, perché lì dentro troviamo la nostra autonomia, il nostro particolare modo di rilassarci: può essere una forma di evasione dalle abitudini, l’occasione di una coincidenza, una novità che ci sorprende, lo stato di immersione in
un gesto. Non conta qual è il viaggio che ci fa stare in vacanza, conta che quando torniamo abbiamo occhi rinnovati, che siamo riuscitə a infilarci nella nostra ora buca.
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